martedì 8 marzo 2016

8 marzo 1898

Nella mia anima sta avvenendo una battaglia fra il desiderio ardente di andare a Pietroburgo a sentire Wagner e altri concerti e il timore di dare un dispiacere a Lev NikolaeviČ e di sentirmi questo suo dispiacere sulla coscienza. Stanotte ho pianto a causa di questa pesante sensazione di mancanza di libertà che grava sempre più su di me. Di fatto, naturalmente, sono libera. Ho soldi, cavalli, vestiti, tutto: potrei fare le valigie, salire in carrozza e andare. Sono libera di leggere le bozze, di comprare le mele per L. N., di cucire i vestiti per Saša e le camicie per il marito, di fotografarlo in tutte le pose, di ordinare il pranzo, di sbrigare le faccende di tutta la famiglia; sono libera di mangiare, di dormire, di tacere e di rassegnarmi. Ma non sono libera di pensare a modo mio, di amare quello e quelli che scelgo io stessa, di andare dove mi interessa e dove mi sento spiritualmente a mio agio; non sono libera di occuparmi di musica, non sono libera di cacciar fuori dalla mia casa quelle innumerevoli persone inutili, noiose e spesso molto cattive e di ricevere persone buone, piene di talento, intelligenti e interessanti. In casa nostra non si ha bisogno di persone simili: con cui bisogna misurarsi e porsi su un piano di parità, mentre qui si ama stare in posizione di superiorità e insegnare… E per me la vita è poco allegra, difficile… Ma non ho usato la parola giusta: «allegria». Non ho bisogno di questo. Ho bisogno di vivere una vita ricca di contenuto, tranquilla, e invece vivo nervosamente, con difficoltà e in modo vuoto.

Sof’ja Tolstaja (Diari 1862-1910, traduzione di Francesca Ruffini e Raffaella Setti Bevilacqua; Baldini & Castoldi, 2013)

3 commenti:

  1. Non si vede bene perché una, o uno, dovrebbe voler «pensare a modo suo» quando può pensare al modo di Tolstoj (dico, Tolstoj!), e farlo prima e meglio di chiunque altro.

    Sì, per Wagner dispiacerebbe anche a me, ma le pagine su Wagner nella Karenina sono arrivate vicine perfino a cambiarmi il gusto.

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    1. Dal libro (che è bellissimo e malinconicissimo) si capisce come non fosse facile per Sof'ja conciliare il tolstoj-pensiero col tolstoj-marito. Riporto un altro stralcio:

      "Mio marito non mi è amico. In certi momenti e specialmente avvicinandosi alla vecchiaia è stato un amante appassionato, ma con lui sono stata sola per tutta la vita. Non esce con me a passeggiare, perché ama stare solo e meditare sui suoi suoi scritti. Non si è interessato ai suoi figli: per lui era una cosa difficile e lo annoiava. Con me non è andato mai in nessun posto, con me non ha vissuto nessuna emozione: le aveva già vissute in precedenza ed era stato dappertutto. Da parte mia, con ubbidienza e in silenzio ho vissuto con lui tutta una vita uguale, tranquilla, vuota e priva d’originalità. E ora spesso e dolorosamente si fa strada in me l’esigenza di impressioni artistiche, di una natura nuova, di uno sviluppo intellettuale, il desiderio di acquisire nuove informazioni e nuove cognizioni, il desiderio di avere contatti con la gente. E di nuovo bisogna soffocare tutto e in silenzio e con ubbidienza andare avanti a vivere una vita priva di interesse personale e di contenuto. A ciascuno il suo destino. Il mio destino è stato quello di essere l’assistente di un marito scrittore. Anche questo è stato un bene: almeno ho servito una persona che era degna di sacrificio."

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    2. C'è anche un altro passo dove dice che suo marito ha un bel da predicare l'astinenza sessuale nella Sonata a Kreutzer, quando poi tutte le sere torna a casa e pretende da lei favori sessuali anche quando lei non ne ha voglia. (Adesso non riesco a trovare il passo nel libro, ma c'è, lo ricordo bene.)

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