lunedì 29 agosto 2011

Domatori

Eran già dei giorni che pioveva che dio la mandava, e la strada sterrata che da Rolo porta a Novi di Modena era diventata un pantano che non si poteva percorrere neanche coi carretti tirati dalle vacche. Solo che bisognava percorrerla lo stesso, quella strada lì, che era l'unica e bisognava portare in paese il raccolto, la frutta, le uova, la roba per tirare su qualche soldo e mangiare. Così tutti i contadini del vicinato partivano con le vacche e il carretto, poi arrivavano al valico sul canale e immancabilmente le vacche ci finivano dentro, sempre, quasi tutte, facendo scaravoltare il carico prezioso dentro all’acqua e soprattutto loro, le vacche, si ritrovavano immerse fino al collo e non ne volevano sapere di risalire. I contadini ci mettevano un giorno intero, delle volte, per tirarle fuori.

Allora mio bisnonno, che si chiamava Archimede e dicevano che avesse la doppia nervatura, una mattina ha svegliato mio nonno, Corrado, suo figlio adolescente, e gli ha detto Veh Corrado, m’è venuta un’idea, non l’ha mai fatto nessuno, ma ci proviamo. Poi ha preso due tori grossi e giovani dalla stalla e li ha legati a al carretto vuoto.

Babbo, cosa sei dietro a fare?, gli ha chiesto Corrado.
Eh, attacchiamo i tori al carretto, gli ha risposto Archimede ridacchiando.
Ma sei matto? - gli ha detto ancora Corrado - Non son mica delle vacche, non riesci mica a farli andar via dritti, due tori.
Adesso poi vediamo - gli ha risposto Archimede ridendo - salta su.

E mio nonno, Corrado, il figlio di Archimede, senza capirci niente è montato sul carro di fianco a suo padre, che aveva già le briglie in mano, come al solito, come quando andavano in paese col carretto pieno, solo che adesso il carretto era vuoto e a tirarlo c’eran due tori che sbattevano gli zoccoli nervosi nel fango e mandavano delle sbuffate dalle narici. C’era da aver paura davvero.

Mio bisnonno, Archimede, invece, non ha fatto una piega, ha dato un colpo con le briglie e son partiti. Così, sotto la pioggia, nella strada sterrata che da Rolo porta a Novi di Modena e che era un pantano indescrivibile, andavano coi tori al trotto, prima, ma poi sempre più forte, e dagli zoccoli posteriori delle bestie arrivavano degli zampilli di fango come se piovesse merda dal basso.

Dopo un po', con la velocità sempre in aumento, i tori ormai stavano correndo forte, nervosi, bizzarri, cattivi, correvano verso il valico sul canale, quello dove le vacche s’impantanavano e i carretti si rovesciavano, correvano senza rendersi conto, solo con la rabbia di avere delle cose attaccate al collo. E ogni tanto Corrado, mio nonno, si girava verso suo padre, Archimede, lo guardava e poi guardava la strada, lo riguardava e tornava a guardare la strada, e Archimede, invece, era lì che sorrideva e sputazzava via il fango che veniva su dai due bestioni bellissimi e stupidi che correvano impazziti.

Oh, papà, io salto giù, gli diceva Corrado.
‘spetta, valà, tra un po’, rispondeva Archimede ridendo e sputazzando.
Ma diobono, andiamo troppo forte!, gridava mio nonno.
‘spetta, t’ho detto, rispondeva ancora Archimede, e intanto teneva suo figlio con una mano per non farlo cadere e non farlo saltare.

Erano già a qualche metro dal canale quando Archimede, sempre con la faccia che sembrava divertirsi come un matto, si è girato verso mio nonno, suo figlio, e gli ha detto Corrado, conto fino a tre, poi saltiamo giù.

Uno.
Due.
E tre!

Subito, mio nonno, Corrado, è saltato giù dalla sua parte. Archimede, suo padre, dall’altra.

Il carretto è andato a finire dritto nel canale e si è rovesciato, e i tori, da tanto che andavano forte, son caduti, han picchiato la testa fortissimo e si sono ritrovati nell'acqua fino al muso, rintronati e scemi, scuotevano la testa e muggivano da fare compassione.

Corrado era per terra che controllava di non essersi fatto niente di grave. Archimede, invece, non ha fatto una piega: si è tirato su, è andato nel canale a piedi, comminando, ha preso i tori per le anelle del naso, li ha legati al carretto e li ha tirati fuori dall'acqua, poi li ha riportati a casa: i due tori, il carretto, e suo figlio, Corrado, che non ci aveva ancora capito niente.

Il giorno dopo sì, ha capito, quando è successo che delle altre vacche, come al solito, erano andate a finire nel canale e il contadino di turno non riusciva a tirare fuori il carretto e le bestie. Allora Archimede ha preso i due tori e loro, oh, non ci credeva nessuno, uscivano dalle case per vedere, addirittura, ché loro, i due tori, andavano al trotto, mansueti, arrivavano al canale e mio bisnonno gli attaccava con delle corde le vacche e il carretto impantanati e tiravano su tutto in cinque minuti, con grande gioia degli altri contadini.

Per qualche settimana quello lì è stato il suo lavoro, e anche quello di suo figlio, Corrado, che gli dava una mano per andare a ripescare le vacche e i carretti degli altri contadini. Tutto il paese diceva che Archimede era un domatore di tori, era un doma-tori.

***

E qui finisce la storia, me l'ha raccontata mio nonno, Corrado, qualche tempo fa per la prima volta. E quando mi racconta queste cose, gli viene una faccia che lo vedi proprio quanta ammirazione aveva per quel fenomeno di suo padre, mio bisnonno, Archimede.

Io, invece, è strano, io sto sempre a grattarmi la testa, e tutte le volte mi guardo le braccia, il petto, le gambe, e penso che se è proprio vero che sono suo pronipote, che sono il pronipote di Archimede, boh, mi domando dov'è che sbagliano le teorie sull'evoluzione della specie.

Nessun commento:

Posta un commento