venerdì 22 aprile 2011

Cicatrici: Metal detector (mi sa che domani piove)

[riceviamo e pubblichiamo orgogliosamente la cicatrice di Sergio Pilu, che molti chiamano "[SirSquonk]", altri "maestro"]

(Posizione)
Un po' dappertutto.

(Cause)
Sei mai saltato su una bomba? Non credo. Voglio dire, di solito se ti capita poi non hai la possibilità di raccontarlo. Di solito. Qualche volta però succede. Ti serve tanto tempo per poterne parlare: un po’ perché non vuoi, un po’ perché non puoi: sai, se ti chini su una borsa di pelle nera e quella fa boom è difficile che tu non ne abbia danni. Passa il tempo, passano gli anni, e a volte ti sorprendi a contarti le cicatrici. Quelle esterne, sulla pelle: le cicatrici delle ferite dell’esplosione, e quelle delle cento operazioni che ti hanno fatto per tenerti in vita. Quelle interne, che ti stanno nella testa e in un altro posto che non sai indicare ma senti che c’è – qualcuno la chiama anima, non so se hai presente – e che a volte fanno male come le ossa ricomposte dopo una frattura quando cambia il tempo e sta per arrivare la pioggia: quelle lì sono brutte, ti ricordano la vita che avevi e ti fanno pensare a quella che non hai avuto, che non hai potuto avere. Poi ci sono delle cicatrici strane, che non so come spiegarti. Il fatto è che dipendono da com’era fatta la bomba. Se questa stava dentro una pentola a pressione, ad esempio, e dopo lo scoppio hai la discutibile fortuna di rimanere vivo, ti ritrovi il corpo pieno di schegge microscopiche, piccolissimi pezzetti di ferro, di acciaio, di diosolosacosa che ti si ficcano nella carne e sono troppo piccoli per esserne tirati fuori. Ti ricordi San Sebastiano? Sì? Ecco, qualcosa del genere. A volte, molti anni dopo quell’istante nel quale ti è cambiata la vita ti capita di prendere un aereo, fare il check-in, e poi la coda ai controlli di sicurezza, prendi la vaschetta e ci riversi dentro monete e telefono e cinture, fai due passi e senti il fischio dell’allarme, allora sospiri e dici al poliziotto che hai un foglio da mostrargli, sta nella borsa che è ancora sul nastro, vicino alla camicia e allo spazzolino da denti, il foglio firmato dal chirurgo che dice al poliziotto di farmi passare, che non sono pericoloso, che sì ho a che fare con le bombe ma come bersaglio, che suono perché ho tanti pezzetti di una pentola a pressione conficcati dappertutto, là dentro. Adesso vado a riposare un po’, se non ti dispiace, ché ho i miei dolori – e anche se sono abituato non è che facciano meno male: è primavera, il tempo cambia spesso, mi sa che domani piove.

(Conseguenze)
C'è un 90% di vero. Io ho aggiunto solo la cosa del metal detector, che credo di aver ascoltato ma non sicuro perché avevo 12-13 anni. L'uomo che saltò sulla bomba era (è) il cugino di mia madre.

di Sergio Pilu "[SirSquonk]"

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