martedì 22 marzo 2011

Cicatrici: Sulla scatola c’è scritto giusto

(Posizione)
Zigomo destro, dito indice sinistro.

(Cause)
Gli occhiali da ciclista sono una cosa bellissima, da fighi, sempre alla moda, con le lenti a specchio, e quand'ero esordiente avevo i Briko con la montatura gialla e le lenti a mosca a specchio blu. Adesso che sono negli allievi, però, mi compro proprio gli Oakley, piccoli e stretti, con la montatura leopardata viola-blu cangiante e le lenti rosso-fuscia che più a specchio non si può. Diobono che fighino che sono.

Nella squadra mi fan tutti i complimenti, pedalo in gruppo con la coda di pavone, degli occhiali così ce li hanno solo i campioni e ce li ho io, anche se non sono un campione, ma mi stimo lo stesso, come si dice.

Siamo ai piedi del Po, tipo a San Benedetto Po, non mi ricordo, la gara è tutta pianeggiante e partiamo a schioppo, compatti, cinquanta all'ora da subito. Il circuito è di una decina di chilometri, lo dobbiamo fare sette o otto volte, sappiamo che si arriverà in volata e siam tutti lì, tutte le squadre, a tirare come dei cavalli, a galoppare, scatti e controscatti che vengono subito tamponati dai treni monocromatici della squadra di turno, ognuno ha il suo velocista da portare alla fine della corsa, da lanciare ai settanta all'ora verso la riga bianca del traguardo. Non c'è neanche vento, oggi, c'è il sole, siamo in piena estate e abbiamo due borracce a testa: una per bagnarci la testa, una per placare il bruciore in gola.

Siamo al terzo giro, circa, e sono in mezzo al gruppo, le ruote ogni tanto si toccano, ma ci hanno insegnato fin da piccoli a non aver paura, che non succede niente. C'è talmente caldo che qualcuno ha già finito l'acqua da bere, qualcuno come quello di fronte a me che chiede un sorso a quello di un'altra squadra che gli sta di fianco. Figurati se non ti do un goccio d'acqua, dice quello a quell’altro, e allunga una mano tra le gambe per prendere la borraccia.

Solo che qualcosa non va, non capisco, lo vedo mentre cade. Stiamo facendo i sessanta all'ora. Circa.

Quando il gruppo è compatto e quello di fronte a te cade, non c'è niente da fare, gli vai sopra: gli vado sopra. La ruota davanti s'incaglia nella sua bicicletta e la mia, di biciclette, s'impenna al contrario, mi sbalza come un cavallo che mi vuole disarcionare, i piedi si sganciano dai pedali e da quel momento io e la mia bici prendiamo due strade diverse: lei finisce sul malcapitato e poi ruzzola nel fosso; io mantengo una parabola nella direzione della corsa e volo. Dura pochissimo, il volo, ma mi lascia il tempo di pensare che non sto tenendo le mani avanti, che mi sto tuffando in un modo un po' scomposto, che non va mica bene se finisco a terra così.

L'ultima cosa che sento è l'urto della mia faccia contro l'asfalto. L'ultima cosa che ricordo è un grosso flash negli occhi. E poi il buio.

***

Il seguito del racconto lo estrapolerò dai filmati di Telereggio, perché mentre aspettiamo l'ambulanza c'è un cameraman che mi inquadra per due o tre minuti, anche cinque, forse. Nelle immagini che ho poi registrato su una cassetta vhs dalla televisione, qualche sera dopo, si vede un ragazzino della Ciclistica Novese Confezioni Carsil che sta lì per terra coricato senza muoversi, si vede un po' di gente che gli si fa intorno senza toccarlo, si vede un casco spaccato per il lungo che fortunatamente ha assorbito l’urto e si è spaccato in due, si vede la guancia del ragazzino sull'asfalto, si vede una mano buttata un po' a caso col palmo rivolto verso l'alto, si vede un lago di sangue allargarsi a una velocità inconcepibile, da quella mano.

Poi non si vede più niente, ché arriva l'ambulanza e il cameraman lo mandano via.

***

La prima cosa che sento al risveglio è un odore di alcool e medicine, la prima cosa che vedo è una luce fortissima che mi punta negli occhi, le prime parole che sento sono "stai fermo", le seconde "stai fermo, che non ti abbiamo fatto l'anestesia", le prime sensazioni sono dei pizzicorini in faccia, la pelle che tira, mi stanno dando dei punti.

Un'ora dopo mi sono ripreso. C'è lì il mio direttore sportivo, mio padre, che parla col medico e gli dice No, mio figlio viene a casa con me, non lo ricoverate mica, dove devo firmare? E poi firma. Io ho una mano fasciata, mi han detto che l'ho strisciata sull'asfalto e che l'unghia è saltata via di netto, mi dicono che non è niente di grave, ma da dove c’era prima l’unghia esce molto sangue e devo tenere il tampone ben pigiato.

In faccia mi han dato dei punti. Sei. Io non me li vedo e non mi alzo per andare allo specchio perché ho la nausea per via del trauma cranico. Dicono che gli occhiali sono entrati nello zigomo, senza rompersi, infrangibili come c'era scritto sulla scatola quando li ho comprati, e dicono che nella carne dello zigomo sono entrati con la montatura e tutto. Quando me li ridanno, quei begli Oakley, piccoli e stretti, con la montatura leopardata viola-blu cangiante e le lenti rosso-fuscia che più a specchio non si può, non hanno nemmeno un graffio. Diobono che culo che ciò avuto.

(Conseguenze)
L'unghia, poi, è ricresciuta tutta, forte e sana. Ho passato qualche mese a bullarmi con le amiche per la mia ferita di guerra al dito, quel brutto indice col moncherino d'unghia che pian piano ricresceva e quella cicatrice di un centimetro che arriva fino al centro della prima falange. Oggi mi bullo meno, ma quando lo racconto, il fatto dell'unghia e di quanto sangue può uscire da un dito che è una roba che uno non ci crede, la gente fa sempre delle facce come se il loro cervello non la concepisse, una cosa così.

Anche nello zigomo, dopo che han tolto i punti, è rimasta la cicatrice, una cosa come Capitan Harlock, che una volta si vedeva di più, ora ci son cresciuti sopra due nei, sarà l'età, ma la pelle è tornata morbida. Se ti avvicini alla mia faccia la vedi. Se poi mi chiedi che occhiali devi comprare, per andare in bici, ti rispondo che se prendi degli Oakley vai sul sicuro, che son fighinissimi e che magari non ci perdi un occhio se finisci con la faccia sull'asfalto ai sessanta all'ora, che sulla scatola c'è scritto giusto: infrangibili.

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