mercoledì 16 febbraio 2011

Semi-ricordo di un'estate: Loti

A Robert, che sa di cosa parlo

Ti chiamano Loti i tuoi compari: il vecchio nanetto con i baffi e i capelli corti brizzolati lo fa con voce potente, il tuo coetaneo con voce delicata, come ad ammettere la tua superiorità, nella gerarchia.
Siete tutti e tre più bassi di un metro e settanta, avete tutti e tre un fisico asciutto e scattante, l'abbronzatura di chi deve stare in giro tutto il giorno per portare a casa qualcosa. I segni sui vostri volti e i denti dicono un'età, la prontezza nei riflessi un'altra.
Il vecchietto rimane fuori dal cassone dei rifiuti metallici, sta alla base, in una calcolata triangolazione tra il cassone, il camioncino iveco rosso brillante aperto e gli operatori. È lui che intercede con gli operatori, i santi sacerdoti dei rifiuti pubblici di questa città, i difensori dell'inutilizzato contro quei biechi riutillizzatori a sbafo che siete voi. Con tutto se stesso esprime una dissociazione teatrale geniale, una cosa mai vista: mentre la voce e le parole in italiano quasi volutamente stentato sono supplichevoli e lamentose, i gesti del corpo e la mimica facciale si disssociano e mostrano fierezza, volontà, quasi fossimo noi d'impiccio nell'operazione che lui da basso, con fulminei versi in lingua sconosciuta, sta sovrintendendo e coordinando.
Attaccato ai bordi del cassone, arrampicato su una sedia, il tuo coetaneo sfila con destrezza tubi, reti di materasso, piccoli armadietti, chiavi, padelle, grattugie, cilindri, bielle sporche di morcia. È chiaramente l'ultima ruota del carro, alto poco più di voi due, anche belloccio con quei tratti slavi, ma decisamente meno abile nel riconoscere i pezzi buoni e quelli scarsi, non a caso il vecchietto lo tiene sotto stretta sorveglianza e due volte su tre quando parla gli fa lasciare a terra il pezzo come un bambino sorpreso molla le mani dalle merendine, sperando che la velocità del gesto riduca l'impressione nella memoria dell'altro. Quando non è rimproverato dal vecchietto, guarda in alto, verso di te, con evidente ammirazione.
Sei forte Loti, lo si vede. Sei basso, agile e resistente come Yuri Chechi, Loti, anche se probabilmente non conosci questo tuo strano collega: lui volteggia nell'aria per inseguire una sequenza perfetta, tu volteggi per procacciarti il meglio di quello che la vita riesce ad offrirti. Sei sempre nel centro, sospeso, sopra al cassone, che è largo due metri e mezzo, lungo cinque e alto quasi due. Se sbagli un appoggio sei finito. E sei a petto nudo Loti, con scarpe da ginnastica senza calze e jeans corti a mezza gamba. Dubito che l'antitetanica ti abbia raggiunto come raggiunge e punge tutti i bimbi che vanno a scuola regolari. Ma tu danzi e volteggi intorno a lamiere ondulate, sfiori aste e pertiche arroventate, eviti paurose barre di acciao che servono per armare il cemento - quanti cattivi nei film d'azione ho visto morire cadendoci sopra e rimanerci infilzati - Eccolo, il nostro zingaresco San Sebastiano, una mossa sbagliata e fine: l'operatore perde il lavoro, i tuoi compagni l'artista del gruppo e la tua famiglia il pane. Tutto per tre euro al chilo da un ricettatore che tutta la città conosce.
Ma tu sei perfetto Loti, preciso e plastico: come in uno shanghai gigante, sai dove scivolare e fare leva per prendere i pezzi migliori e a volte, fortuna delle fortune, portare a casa dei componenti di rame e metallo che qualche sbadato non ha pensato a separare. Rame, quasi non ci credi, vero? l'oro dei poveri lo chiamano, in questa era digitale è salito moltissimo di prezzo, e anche tu, Loti, ora possiedi un po' di questo oro del terzo millennio. Chissà se lo rivenderai o se ne farai un braccialetto per la tua signora. Già, perché sei sposato, così mi dici e quando, uscito con facili balzi e rientrato nel camion impolverato, ti prepari a salutarci, come un circense saluta il pubblico, mi dici che le benedizioni di tua moglie e dei tuoi tre figli mi accompagneranno per la giornata.
Allora io, sorridendo appena al pensiero che le loro preghiere siano migliori di quelle di mia madre e delle nonne, salutandovi mentre sgasate verso la prossima tappa, smetterò i panni dello spettatore incantato e rivestirò il ruolo di San Pietro di questa isola, colui che decide chi entra e chi esce da questo paradiso di rifiuti.

2 commenti:

  1. mi piace molto questo pezzo che hai scritto, con la giusta tensione e rabbia. un caro saluto

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  2. un profondo inchino, messer Cocuma. A presto

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