mercoledì 27 gennaio 2010

La spada, il fucile

Anni fa, ma davvero tanti anni fa, Carlo, in qualità di presidente della Polisportiva Spada nel quartiere Spada, andò dal prete per discutere la disponibilità del campo da calcio, voleva portarci i ragazzi della Polisportiva. La Polisportiva Spada aveva già un campo in cui giocare, ma ne serviva un altro, visto che l’utilizzo era condiviso anche da altre società sportive.

Al consiglio direttivo c’erano molti personaggi di chiesa, catuboni, come si diceva da quelle parti, gente che non voleva proprio dare il campo ai bambini perché nella Polisportiva Spada era pieno di comunisti, la Polisportiva Spada, dicevano, era una polisportiva comunista, piena di comunisti, tra cui Carlo.

Il prete, invece, quel prete che diceva sempre Quando andate al policlinico di Modena se passate dietro alla navata ci son dei cassonetti dai quali si sente piangere: sono i bambini, ce li buttano dentro visto che fanno gli aborti; quel prete lì, invece, in realtà era una persona ragionevole, e finì per dare la concessione per il campo anche contro il volere dei suoi parrocchiani catuboni, quelli che arricciavano il naso per via di tutti quei comunisti nella Polisportiva comunista Spada.

Durante la riunione, infatti, dopo l’intervento di qualche parrocchiano catubone del tipo Quelli no perché son comunisti e piuttosto il campo resta chiuso, e infatti il campo del prete era sempre vuoto per colpa dei parrocchiani catuboni, durante la riunione, dicevamo, dopo qualche intervento catubone Carlo si alzò in piedi e disse Fate come volete voi, ma ricordatevi che noi non abbiamo mai chiesto la tessera a nessuno, e stiam parlando anche dei vostri figli, visto che ci sono dentro anche i vostri figli nella Polisportiva Spada; e poi da noi, alla Polisportiva Spada, aggiunse Carlo, noi non si fa mai proselitismo e non si parla mica di politica, si gioca a calcio, noi, nella Polisportiva Spada. Così disse Carlo, col dito un po’ alzato come in un comizio.

E così dicendo si rivolse ai parrocchiani catuboni che sapeva avevano i figli che giocavano nella Polisportiva e disse Voi ditemi se quello che ho appena detto è vero oppure no. I parrocchiani catuboni dovettero annuire facendo sìssì con la testa, col naso sempre arricciato, e così il prete interruppe la riunione e disse a tutti che Carlo aveva ragione, disse La decisione e la responsabilità me le prendo io, mentre lei, Carlo, mi dica cosa devo fare e io il campo glielo apro, in cambio non voglio niente, solo che il campo sia curato e tenuto bene.

Usciti dalla riunione ci furono un sacco di mugugni e arricciamenti di nasi catuboni. E in particolare la Vladimira, la perpetua, che iniziò a gridare I comunisti son dei bastardi e cose così. Carlo, meravigliato da tutto quel livore, le domandò come mai lei pensasse che tutti i comunisti eran dei bastardi e cose così. La Vladimira lo guardò fisso negli occhi e rispose Perché mio marito è morto in Russia durante la ritirata, me l’hanno ammazzato i Russi, me l’hanno ammazzato i comunisti, perché son degli assassini, i comunisti, son dei bastardi e cose così.

Carlo le si avvicinò e disse pian piano Vladimira, mi scusi, posso farle una domanda un po’ indiscreta? Lei annuì. Carlo Fiorveluti allora, sempre pian piano, le domandò Ma non è che per caso suo marito è andato là col fucile in spalla?
La Vladimira si bloccò, non sapeva cosa rispondere. Carlo raddrizzo la schiena e fece un mezzo sorriso sornione. Poi, ancora pian piano, le disse No, perché sa, tante volte…

(trasposizione a memoria di un racconto orale di Tiziano Fiorveluti)

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